L'Unione europea alla prova delle sfide del futuro
di Maria Eleonora Guasconi (Università di Genova)
A pochi mesi dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo appare quanto mai opportuno promuovere una riflessione sull’identità dell’Unione europea e sul futuro del processo di integrazione. L’Unione Europea appare infatti molto lontana dall’entusiasmo e dai valori promossi dai padri fondatori, priva di un’adeguata struttura democratica delle sue istituzioni, disorientata di fronte alle grandi crisi che negli ultimi anni hanno scosso le fondamenta del progetto costituente europeo, dai flussi migratori alla lacerante guerra in Ucraina, percepita sempre più distante dai cittadini e minacciata da nazionalismi reattivi, cavalcati dai partiti sovranisti di tutta Europa.
Il saggio di Robi Ronza propone una riflessione su uno dei grandi temi su cui si giocherà il futuro dell’Unione, il deficit democratico che caratterizza il processo decisionale europeo, riflesso della dicotomia tra pulsioni sovranazionali delle istituzioni europee e ritrosia dei governi nazionali a cedere porzioni della propria sovranità, che ha attraversato tutta la storia del processo di integrazione europea.
Se nel 1979 le prime elezioni a suffragio universale del Parlamento europeo sembrarono colmare parzialmente il problema della elettività delle cariche governative europee, la debolezza di questa istituzione, a cui era attribuito dai Trattati di Roma un ruolo puramente regolativo e consultivo, limitò fortemente la portata di questo risultato. Soltanto a partire dagli anni Novanta, in particolare dal Trattato di Maastricht del 1992, il ruolo del Parlamento europeo si è progressivamente rafforzato, fino a partecipare pienamente al processo decisionale europeo.
Al fianco di un Parlamento europeo che è riuscito a ritagliarsi un ruolo di primo piano all’interno del processo decisionale della Comunità solo dopo Maastricht, l’importanza e il ruolo politico della Commissione europea, l’organo di governo esecutivo dell’Unione, sono invece progressivamente aumentati. Come chiarisce l’autore, la Commissione europea non è più un organo esclusivamente tecnico, ma di governo, fornito in esclusiva del potere di iniziativa legislativa e dotato di un’elefantiaca struttura burocratica. Un organo che ha saputo colmare il vuoto politico venutosi a creare al centro delle istituzioni europee, costruendo una gigantesca tecnocrazia, unica al mondo, il cui organigramma e funzionamento non sono facilmente comprensibili ai cittadini europei.
Come sostiene Ronza, il consolidamento del ruolo della Commissione come governo de facto della Comunità e poi Unione europea si colloca negli anni Ottanta, in particolare in seguito all’arrivo di Jacques Delors alla presidenza della Commissione nel 1985. Un decennio, quello degli anni Ottanta, che ha plasmato la futura Unione Europea.
Il saggio sottolinea il ruolo svolto dalla Commissione Delors nel promuovere il rilancio del processo di integrazione europea dall’atto Unico Europeo alla firma del Trattato di Maastricht nel 1992, indicando in questa tappa un momento di svolta fondamentale degli equilibri geopolitici del continente europeo e del processo di integrazione, dopo la fine della Guerra Fredda, la riunificazione tedesca e l’implosione dell’Unione Sovietica.
Nel quadro trionfale della fine della Guerra Fredda e dell'allargamento a est, non dobbiamo però dimenticare come la ratifica del Trattato di Maastricht rappresentò anche l'inizio di una nuova stagione dell’europeismo, caratterizzato da una frattura sempre più ampia tra l’opinione pubblica e l’Unione Europea, percepita sempre più come un processo “a scatola chiusa”.
I tecnicismi del Trattato di Maastricht, poco conosciuti e ancor meno compresi dal pubblico, aprirono un “vaso di Pandora” di malumori nei confronti del progetto europeo, favorendo la diffusione dell’euroscetticismo e della critica all’idea di Europa, come dimostrato dai risultati del referendum danese e francese su Maastricht, in particolare dal “petit oui” della Francia, creando il terreno in cui si è alimentata la profonda crisi politica, economica e sociale che attanaglia l’Europa di oggi.
Si potrebbe azzardare un ardito paragone tra il dibattito sviluppatosi in occasione del referendum sul Trattato di Maastricht e quello sulla Comunità Europea di Difesa (CED) nel 1954: se nel caso di quest’ultima il dibattito verteva sulla difesa, nel caso di Maastricht si è invece concentrato sulla moneta unica, ambedue elementi pregnanti della sovranità dello stato.
L’Unione europea ha dunque bisogno di ritrovare lo slancio dei padri fondatori e di comunicare ai cittadini, soprattutto ai più giovani, l’importanza dei risultati conseguiti in questi settant’anni di cammino comune, in un lungo percorso fatto di speranze, di progetti audaci, di grandi successi, ma anche di fallimenti e battute d’arresto, perché il destino del continente dipende dal ruolo che l’Unione europea saprà affermare nei prossimi anni.
In conclusione, il saggio di Ronza propone una serie di spunti, utili a tutti coloro che desiderano comprendere le radici e le motivazioni sottostanti la profonda crisi politica, economica e sociale che attanaglia l’Europa di oggi, mettendo in discussione il mito dell’irreversibilità del processo di integrazione europea.